18.11.2015
Così eccolo che picchia il sacco, girandovi attorno, un minuto dopo l’altro, un round dopo l’altro. Ora è nascosto dal sacco, si vedono solo le braccia: potenti ganci. Come se il sacco fosse il suo corpo, come se lui colpisse se stesso. Il suo ansimare, il rumore del sacco percosso, il cigolare della catena cui è appeso, i versi quando colpisce. Ha il petto e il cranio appena rasati, la pelle lucida di sudore.
Mentre lo osservo boxare penso che è vero, c’è della religiosità nelle vite dei pugili. Rappresentano la necessità della consunzione del corpo per giungere alla verità della vita. Sono l’esaltazione dell’ideale estetico del fallimento della morte. Così maschi, così feriti. Hanno la nudità del Cristo in croce – attraverso la nudità il pugile si concede totalmente al pubblico, si espone ai loro sguardi fino a divenire ludibrio di essi, così come si espone ai pugni dell’avversario divenendone oggetto di ossessione e amore. Simboli di purezza, bellezza, estasi, non ci guardano mai veramente. Con apparente scandalo, vivono e muoiono soltanto, dopo averci scaldati come fa la luce del sole.