6.12.2015 Libero

«Il re della festa»
Sangue e sudore sul ring-altare con Delli Carri
«Il pugile è una solitudine che danza sul ring, un canto d’amore ma un canto triste. Nel suo picchiare ed essere picchiato c’è un eterno richiamo alla frantumazione della bellezza». Metafora esistenziale, quella che ci offre Luca Delli Carri, giornalista sportivo che per scrivere il romanzo Il re della festa (Neri Pozza, pp. 714, euro 19,50), su Evaristo Gallego, campione maturo che vuol rimettersi in gioco, ha convissuto per due anni e mezzo con pugili professionisti. Esultando e soffrendo con loro, seguendone ritiri e rituali, penetrandone i percorsi biografici, il fascino della brutalità, il testosterone che cerca allenamento anche nel sesso. Raccogliendone infine confidenze brucianti: se ami la boxe vuol dire che hai qualcosa di diverso dagli altri. Non sei normale. Sei un pazzo. Come fai ad amare uno sport così di merda?
Non solo, dunque, narrativa di genere, anche se ogni match è visualizzato da un’incalzante scrittura che è più prosodia che prosa giornalistica. Chi legge si sente proprio lì, sul ring: in quel quadrato illuminato come un altare di sacrificio, che odora di sangue, sudore e morte. C’è dell’altro, nella ricerca stilistica e narrativa di Delli Carri, che rende lievitante la lettura delle settecento pagine di testo: la Gestalt, la visione d’insieme che dal dettaglio sale alla comprensione finale.
ALESSANDRA BATTISTEL